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Sentenza n. 391 emessa in data 20.02.2024 dal Tribunale di Nola, in composizione collegiale

Rapina

 Elementi costitutivi del reato.

Key Word: TENTATA Rapina aggravata – uso armi  

ABSTRACT

Con la sentenza di cui sopra, il Tribunale collegiale di Nola riconosceva la sussistenza del reato di rapina aggravata, nelle forme del delitto tentato, facendo leva sulle emergenze processuali del relativo dibattimento sulla base delle quali riteneva integrato il predetto delitto di rapina aggravata.

FATTO CONTESTATO

La contestazione mossa all’imputato riguardava una minaccia consistita nel puntare alla persona offesa dal reato un coltello e profferendo alla stessa “caccia i soldi”, strattonandola con violenza e, pertanto, compiendo atti idonei, diretti in modo non equivoco, ad impossessarsi del denaro detenuto dalla vittima, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dal proprio volere (pronta reazione della vittima).

Con l’aggravante di aver commesso il fatto con armi, profittando di circostanze di tempo e luogo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa.

Stralcio della motivazione della sentenza

Dopo aver delineato le risultanze processuali il collegio riteneva univocamente provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell’imputato per il reato a lui ascritto statuendo che “il delitto di cui all’art. 628 c.p. richiede per la sua configurabilità l’impossessamento della cosa altrui mediante violenza o minaccia esercitate sulla persona fisica al  fine di procurarsi un profitto ingiusto, laddove la minaccia può consistere in qualunque comportamento potenzialmente idonea ad incutere timore ed a turbare la libertà psichica di autodeterminazione del soggetto”.

Tanto premesso gli elementi fattuali acquisti, raccordati logicamente tra di loro, suffragano pienamente l’ipotesi accusatoria, delineando un quadro univoco e resistente a qualunque possibile ricostruzione alternativa.

In ordine alla condotta di minaccia e violenza quale elemento costitutivo del reato di rapina , la surriferita condotta di molestia integra pacificamente il reato di rapina aggravata nella sua forme tentata, essendo evidente che l’odierno imputato abbia tentato di impossessarsi, con la minaccia di un coltello, di somme di denaro detenute dalla parte lesa…è dimostrato pacificamente il tentato impossessamento di cose mobili (denaro in cassa) attuato mediante condotta intimidatoria (implicita nel puntare l’arma e nella pronuncia di espressioni minatorie volte a vincere la resistenza della vittima “caccia i soldi”) e violenta (consistita nello strattonamento della persona offesa).

Sotto il profilo dell’elemento psicologico del reato sussiste, inoltre, il fine di trarre profitto della programmata condotta appropriativa nel quale si concreta il dolo specifico del delitto de quo vertitur”.

In ordine all’aggravante dell’uso dell’arma di cui all’art. 628, comma 3, n. 1 c.p.  ”sussiste la contestata circostanza aggravante essendo stata la minaccia posta in essere con un coltello. Ed, invero, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di specificare che ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando la vittima è aggredita con un coltello che, a prescindere dalle caratteristiche, rientra nella nozione di arma in cui sono ricompresi tutti gli strumenti atti ad offendere dei quali è vietato il porto senza giustificato motivo.”

In ordine all’insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3 bis , “non può ritenersi correttamente contestata la circostanza aggravante di aver profittato di circostanze di tempo e luogo (sera tarda all’interno di un hotel) tali d a ostacolare la pubblica e privata difesa.

Sul punto, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha in più di un’occasione chiarito che l’aggravante di cui all’art. 628, co. 3, n. 3 bis, è ravvisabile ogniqualvolta il fatto sia commesso in un luogo che renda più difficile la provata difesa, senza necessariamente impedirla.

Tale norma si riferisce, infatti, a tutti i casi in cui la condotta è idonea anche solo ad ostacolare la pubblica o privata difesa, volendo punire più gravemente un fascio di comportamenti più ampio rispetto a quelli che impediscono la difesa.

Tanto premesso, lo spazio in cui è stato perpetrato il delitto in esame non può certamente ritenersi configurabile come un luogo in cui la vittima è stata privata della possibilità di una efficace reazione o comunque della possibilità di richiedere aiuto.

In ordine alla formula dell’ “al di là di ogni ragionevole dubbiola predetta regola di giudizio della prova implica, in caso di prospettazione di un’alternativa ricostruzione dei fatti, che siano individuati gli elementi di conferma dell’ipotesi ricostruttiva accolta, in modo da far risultare la non razionalità del dubbio derivante dalla stessa ipotesi alternativa non potendo detto dubbio fondarsi su un ipotesi del tutto congetturale se pur plausibile.Tale regola, sancita con la modifica dell’art. 533 c.p.p. ad opera della L. 346/2006, basata sul principio costituzionale della presunzione di innocenza non ha introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova, ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità dell’imputato.

Tanto premesso, le risultanza processuali hanno dimostrato, senza alcuna possibile lettura o interpretazione alternativa, che l’azione delittuosa come sopra descritta è stata perpetrata dall’odierno imputato.

Tribunale di Nola, in composizione collegiale – Coll. A, sentenza del 20.02.2024, N. 391. 

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