RICICLAGGIO DI VEICOLI - DOCUMENTAZIONE FALSA DEL CERTIFICATO DI PROPRIETA’ . *** Massima: Il reato…
Sentenza n. 2297 emessa in data 04/12/2024 dal Giudice Monocratico del Tribunale di Nola dott. Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi.
STUPEFACENTI
Delitto di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90: riconoscimento del fatto di lieve entità di cui al comma 5.
Key word: Stupefacenti – D.P.R. 309/90 – Fatto di lieve entità – Riconoscimento
Abstract
Con la sentenza di seguito riportata, il Giudice Monocratico del Tribunale di Nola, nel condannare l’imputata per il delitto di cui all’art. 73 co. 4 D.P.R. 309/90, ha inteso riconoscere, sulla scorta di una orientata lettura delle più recenti elaborazioni della giurisprudenza nomofilattica in materia, la circostanza attenuante per i cd. “fatti di lieve entità” di cui all’art. 73 co.5 D.P.R. 309/90,
Fatto contestato
Il fatto in contestazione riguardava l’illecita detenzione ai fini di spaccio, di sostanza stupefacente di diversa natura e quantità. In particolare, l’imputata veniva trovata in possesso di circa sei involucri del peso complessivo di 1.46 gr. di sostanza di tipo “crack” e circa quattro involucri del peso complessivo di 1.05 gr. di sostanza del tipo “cocaina”, e per tale motivo tratta in arresto e sottoposta a giudizio direttissimo.
Stralcio della motivazione della sentenza
“Sulla base delle risultanze processuali, ad avviso di questo Giudice, risulta senza dubbio dimostrata la realizzazione da parte dell’imputata di una condotta integrante gli estremi del reato di cui all’art. 73 comma V DPR 309/90, ovvero di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, qualificabile come fatto di lieve entità di cui al comma 5 in ragione della quantità e qualità della sostanza rivenuta, nonché per le circostanze ed i mezzi dell’azione.
Orbene, il quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta occultata all’interno dei suoi borselli, unitamente al contegno tenuto dall’odierna giudicabile (che cercava di disfarsi del portamonete nero alla vista degli operanti), costituiscono a pieno titolo riscontro all’ipotesi accusatoria cristallizzata nel capo di imputazione, ritenendosi del tutto inverosimile che la detenzione dello stupefacente fosse destinata esclusivamente al consumo personale dell’imputata che, peraltro, in sede di interrogatorio, si è limitata ad una generica e maldestra negatoria degli addebiti. Come chiarito in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, per ritenere che la detenzione di sostanza stupefacente da parte di un soggetto abbia finalità di uso esclusivamente personale e quindi non sia penalmente rilevante, è necessario che il giudicante valutari globalmente tutti i parametri indicati nella disposizione normativa di cui all’art. 73, comma primo-bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990, non potendosi fermare al solo dato del superamento dei limiti massimi tabellarmente previsti (tra le varie, cfr. Cass. pen. Sez. 6, Sentenza n. 12146 del 12/02/2009 e 27330 del 02/04/2008 e Sez. 3, Sentenza n. 46610 del 09/10/2014).
Se è vero che il mero dato quantitativo non può valere ad invertire l’onere della prova a carico dell’imputata, ovvero ad introdurre una sorta di presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, è altrettanto vero che è onere del giudicante valutare congiuntamente tutti gli ulteriori parametri espressamente indicati nella predetta disposizione normativa (ovvero le modalità di presentazione della sostanza, il peso lordo complessivo, il confezionamento frazionato) e le altre circostanze dell’azione idonee a ritenere compatibile la detenzione con la finalità di spaccio.
Nel caso concreto:
- il peso lordo complessivo delle sostanze stupefacenti rinvenute (circa 1,05 gr. di cocaina e 1,46 gr. di crack);
- il dipanarsi degli eventi in una nota piazza di spaccio, come chiarito dagli operanti di P.G.;
- le modalità di presentazione delle stesse (opportunamente occultate all’interno di borselli in uso all’imputata al momento del controllo, suddivise in dosi preconfezionate contenute in appositi involucri);
- il tentativo di disfarsi del portamonete all’atto del controllo;
- il rinvenimento di banconote di piccolo taglio, chiaro provento dell’attivo di spaccio avvenuta poco prima dell’arrivo degli operanti;
risultano tutti elementi che visti congiuntamente e non frazionatamente, sono idonei a ritenere provata la finalità di spaccio della suddetta detenzione.
Ciò posto, ad avviso di questo Giudice, la detenzione ai fini di spaccio deve essere qualificata nella fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5 d.p.r. 309190 in ragione della quantità e della qualità dello stupefacente oltre che dei mezzi e delle circostanze dell’azione, trattandosi con tutta evidenza di una rudimentale organizzazione di spaccio su piccola scala.
Infatti, ai fini della concedibilità o del diniego della qualificazione giuridica del fatto di lieve entità di cui all’art. 73 comma 5° D.P.R. n. 309 / 1990, il Giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento del fatto di lieve entità quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (cfr.tra le altre Cass. Sez. 6, Sentenza n. 39977 del 19/09/2013 Cc. dep. 26/09/2013 Rv. 256610).
Nella specie, la quantità modesta dello stupefacente rinvenuto in possesso dell’imputata, le modalità del fatto e le circostanze dell’azione (indicative di una minima organizzazione rudimentale e di un’attività svolta in modo non professionale da pusher occasionale), consentono l’applicabilità dell’ipotesi lieve.”
Tribunale di Nola, Giudice Monocratico dr. Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi, sentenza n. 2297 del 04/12/2024.
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