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Atti persecutori: elementi costitutivi.

(art. 612 cp)

La norma di cui all’art. 612 bis c.p. è stata, introdotta nel nostro ordinamento giuridico solo nel 2009 al fine di apprestare una tutela rafforzata contro ipotesi di condotte moleste o minacciose che in passato non riuscivano a raggiungere quel grado tale di aggressività da poter esser ricondotte ad altre fattispecie (come quelle di cui all’art. 572 o 610 c.p.). In sede di valutazione sulla configurabilità dell’indicata fattispecie incriminatrice, occorre verificare non solo la sussistenza di una vera e propria reiterazione di azioni minacciose o moleste, ma anche la circostanza che tali azioni abbiano prodotto nella vittima effetti psichici gravi quali ansia o paura, ovvero timore per la propria incolumità o per quella di prossimi congiunti ovvero ancora l’abbiano costretta ad un mutamento delle proprie abitudini di vita. Va al riguardo ricordato che ai fini della integrazione del contestato reato di stalking non si richiede l’accertamento di uno stato patologico, ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612 bis cod. pen. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 cod. pen.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica (cfr. in tal senso Cass. Pen., Sez. 5, Sentenza n. 18646 del 17/02/2017). Inoltre, in tale delitto, l’evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso e la reiterazione degli atti considerati tipici costituisce elemento unificante ed essenziale della fattispecie, facendo assumere a tali atti un’autonoma ed unitaria offensività, in quanto è proprio dalla loro reiterazione che deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che infine degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dalla norma incriminatrice (cfr. Cass. Pen., Sez. 5, Sentenza n. 54920 del 08/06/2016). Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, va inoltre osservato che compiere in modo volontario gli atti di molestia e di minaccia descritti, nella consapevolezza della idoneità degli stessi a causare almeno uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice è sufficiente ad integrare il dolo generico del reato di cui all’art. 612 bis c.p., che non richiede che l’agente agisca con una finalità specifica – come quella di perseguitare la persona offesa al fine di indurla a non far cessare un rapporto sentimentale – ma esclusivamente che sia consapevole delle condotte reiterate di minaccia e di molestia realizzate e della loro idoneità a cagionare gli eventi previsti dalla norma ed agisca al fine di produrli (con dolo intenzionale) o anche a costo di farli verificare (con dolo eventuale).

Tribunale di Nola, GM Capasso, sentenza 27 giugno 2024, n. 265

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